Se maggio è il mese delle rose, forse vale la pena dedicare un po’ di attenzione alla regina delle selvatiche: la rosa canina, chiamata anche rosaspina, rosella, spina novella e molti altri nomi dialettali.
Quel ‘canina’ deriva dal fatto che Plinio il Vecchio, antico scienziato romano, raccontò che un legionario era stato guarito dalla rabbia contratta dal morso di un cane, grazie ad una pomata ricavata appunto dalla rosa canina. Quanto questo sia vero non ci è dato saperlo, ma più tardi Linneo nel 1700, nell’attribuire i nomi a ogni specie botanica, restò fedele a quanto riferito dal suo predecessore romano, e la qualificò come Rosa sylvestris inodora seu canina ovvero ‘Rosa selvatica inodore altrimenti detta canina’. Oggi anche gli anglosassoni la chiamano dog rose.



Quando siamo piccoli tutte le piante sembrano enormi. Ma il giuggiolo (Ziziphus jujuba) che fronteggiava la casa della ‘nonna del Poggetto’ (così la chiamavamo noi cuginetti) era davvero di dimensioni notevoli. Ero piccola ma già ghiotta di giuggiole, ma non potendo raccoglierle, dovevo sperare che i più grandi si ricordassero di me.

La compostiera è l’apparato digerente di ogni orto che si rispetti. E così è stata concepita quella in funzione nel mio giardino. Usando vecchi pallet e assi di legno, abbiamo costruito una serie di contenitori, dove i residui vegetali dell’orto e del giardino, gli sfalci e gli avanzi di cucina vengono buttati, mescolati, ossigenati e spostati per ritornare alla terra sotto forma di utile compost.
E’ arrivato il momento. Non vedevo l’ora di inaugurare la mia piccola serra e mettere nella terra un po’ di semi. Fino ad ora, quella piccola costruzione che domina il giardino dall’alto, si era dovuta accontentare di tenere all’asciutto solo qualche talea, ma di semi neppure l’ombra. In verità c’erano, ma all’interno di buste ben nascoste in una scatola di legno.

