Premessa

La coltivazione dell’olivo ha come scopo principale la raccolta dei frutti per la produzione di Olio.

L’olio d’oliva extravergine, un vero medicinale oltre che alimento gustoso per il nostro organismo, è in sostanza una spremuta di frutti freschi, le olive.

Per questi motivi ci impegniamo a coltivare al meglio la pianta volendo arrivare alla raccolta e in seguito alla frangitura con dei frutti oltre che giustamente maturi, anche il più possibile sani.

La mosca olearia – antagonista per eccellenza della coltivazione dell’olivo – è certamente il principale concorrente alla produzione di olio evo di qualità.

Infatti, lo sviluppo dell’insetto si svolge a carico delle olive rovinandone così la polpa e perciò compromettendone decisamente il loro stato sanitario. In seguito a questo la produzione di olio risulta diminuita in quantità e deprezzata in qualità.

Il primo passo per contrastare – biologicamente s’intende – l’azione di un antagonista è farci “amicizia”, ovvero studiarlo per conoscerlo nell’intimità.

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Il rinvaso degli agrumi

Arancio su telo da lavoro
#photopissi.

PREMESSA

Le coltivazioni in vaso evocano sempre un’attenzione e un affetto particolare per le piante, come se, obbligandole a crescere lì, le volessimo coccolare e averle sempre vicino a noi.

Romanticismo a parte, proprio perché il vaso è un ambiente di coltivazione artificiale dobbiamo riservare alle piante cure specifiche e sicuramente più frequenti, rispetto a quando coltiviamo in piena terra. Il rinvaso è una di queste pratiche.

RINVASO, SIGNIFICATO E SCOPO

Il rinvaso è la tecnica agronomica di coltivazione che serve a mantenere idonea la dimora delle radici, cioè tutto il “sistema vaso” ovvero il contenitore che raccoglie: drenaggio, substrato di coltura e apparato radicale della pianta, che vive al suo interno.

Le radici, sviluppandosi nel vaso, tendono nel tempo ad esaurire il loro spazio e terreno a disposizione, perciò, dopo un periodo di tempo arriveranno in contatto sia sulle pareti del contenitore che sul fondo, verso il drenaggio, a questo punto la pianta può manifestare una riduzione di crescita e vigoria vegetativa, la chioma si manifesta meno rigogliosa e da questo si intuisce che è giunto il momento di praticare il rinvaso.   

IMPORTANTE: il rinvaso non prevede, necessariamente, l’aumento del volume del contenitore.

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Fino a qualche anno fa pochi conoscevano la pesca piatta o ‘saturnina’, frutto del Prunus persica var. Platicarpa. Una pesca dalla forma curiosa, molto aromatica, con sentore di rosa. In Sicilia è invece conosciuta da tempo con il nome di ‘tabacchiera’. Il suo sapore, estremamente dolce, l’ha portata alla ‘ribalta’ e la si può trovare ormai in vendita in qualsiasi negozio

Può essere invece una buona idea coltivare la platicarpa nel proprio orto perché è una varietà molto rustica, quasi selvatica, molto resistente alle malattie. I suoi frutti maturano a partire dalla terza settimana di luglio, ma ci sono nuove cultivar molto più precoci.

Si gusta nei mesi estivi, ma dobbiamo aspettare l’autunno per metterla a dimora.

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Orto in cassoni plastica riciclata - InOrtoL’orto nelle vasche rialzate di mia sorella scoppia di salute. E’ un tripudio di foglie e di ortaggi rigogliosi: pomodori dal fusto grosso come alberi, insalate che sembrano cavoli e cavoli che non stanno nelle vasche tanto sono grossi. Zucchine che producono che è una meraviglia, basilico e sedani già pronti per la tavola, fagiolini a cespuglio, peperoni e melanzane in arrivo, che se si comporteranno come lo scorso anno, in piena estate saranno talmente carichi di frutti che non saprà a chi regalarli.

Tutte le volte che vado a casa sua, non manco mai di visitare l’orto e lo trovo sempre così: bello e impeccabile. E mi chiedo cosa mai farà per avere un orto così. La risposta di mia sorella a questa domanda è sempre la stessa: niente.

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Orto con pomodori e tagete -InOrto

Pomodori, tagete e scalogni

Possiamo proteggere la natura coltivando un orto? La risposta che mi sona data è sì. Il nostro orto è piccolo rispetto alla terra ma può contribuire molto alla sua salute. Pochi metri quadrati di terra possono significare molto se vengono coltivati con la dovuta attenzione e cautela, rispettando la vita nostra e altrui. Nell’orto e nel giardino possiamo produrre cibo e bellezza se saremo in grado di preservare l’equilibrio ambientale che la vita richiede.

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come costruire una scarpata con fragoleIl mio giardino è piccolo e ogni spazio è prezioso. Cerco sempre di sfruttare anche le zone più difficili, quelle che per qualità del terreno, per posizione o per struttura sembrano completamente inutilizzabili.

Una di queste è la scarpatella dove adesso c’è il piccollo fragoleto. E’ veramente una striscia di terra infausta, dove i precedenti proprietari avevano ammucchiato delle macerie, che poi hanno ricoperto di terra. Una piccola montagnola le cui pareti, come se non bastasse, sono piuttosto scoscese.

La prima cosa che ho fatto è mettere dei pali di contenimento alla base, per avere poi la possibilità di utilizzare la parte in alto per coltivare delle piante. L’unica cosa buona è che in quella zona il sole non manca ed è perfino protetta dai venti.

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Se maggio è il mese delle rose, forse vale la pena dedicare un po’ di attenzione alla regina delle selvatiche: la rosa canina, chiamata anche rosaspina, rosella, spina novella e molti altri nomi dialettali.

Quel ‘canina’ deriva dal fatto che Plinio il Vecchio, antico scienziato romano, raccontò che un legionario era stato guarito dalla rabbia contratta dal morso di un cane, grazie ad una pomata ricavata appunto dalla rosa canina. Quanto questo sia vero non ci è dato saperlo, ma più tardi Linneo nel 1700, nell’attribuire i nomi a ogni specie botanica, restò fedele a quanto riferito dal suo predecessore romano, e la qualificò come Rosa sylvestris inodora seu canina  ovvero ‘Rosa selvatica inodore altrimenti detta canina’. Oggi anche gli anglosassoni la chiamano dog rose.

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Ortica

 

Ortica (Urtica dioica), erbaccia infestante, pozione magica per aiutare l’orto o ottimo ripieno per ravioli fatti in casa? Le tre cose insieme sono il giusto ritratto di questa erba incredibile. Sebbene talvolta risulti invadente, quando la vedo tra le aiuole del mio ‘orto-giardino’ sono comunque felice. Per quanto possa pungere e respingere, la giudico una piccola benedizione, che non può che fare del bene a me e alle mie piante. E per dimostrale la mia amicizia spesso la raccolgo senza guanti, per pentirmene amaramente pochi attimi dopo.

Se l’ortica è poca e sparsa qua e là, la tagliuzzo sul momento con le cesoie e lascio che si decomponga tra le aiuole. Se invece voglio preparare del macerato o utilizzarla in cucina, allora devo attrezzarmi e andare dove so che posso trovarne in abbondanza per raccoglierne la quantità necessaria. Questa volta però con i guanti! 🙂

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Scalogni con pacciamatura

Ci siamo mai chiesti perché in natura non esiste un terreno nudo? Semplice: perché la copertura, sia essa di prato, di foglie o di sassi, è utile.

Quando noi coltiviamo, quando pratichiamo un qualsiasi tipo di agricoltura e denudiamo la terra dobbiamo interrogarci e trovare un rimedio per restituire quanto tolto. E meglio tardi che mai, da un po’ di anni a questa parte, abbiamo scoperto l’importanza della pacciamatura.

Un terreno nudo è più soggetto agli sbalzi termici e agli agenti atmosferici: irradiazione solare troppo forte e conseguente inaridimento, piogge torrenziali che comportano dilavamento e ruscellamento. Quando il terreno è scoperto l’acqua evapora subito ed è più esposto al calpestio.

Se si pensa ad un bosco e come questo si auto-protegge e si auto-fertilizza, comprenderemo subito l’importanza della pacciamatura. In un bosco il suolo è sempre ricoperto da foglie che ne proteggono la vita sottostante e decomponendosi lo fertilizzano.

La pacciamatura ha lo stesso ruolo delle foglie del sottobosco. Lo strato pacciamante promuove la salute e il vigore delle piante e della terra, che grazie ad esso non necessita di concimi di sintesi, né tantomeno di diserbanti.

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Quando siamo piccoli tutte le piante sembrano enormi. Ma il giuggiolo (Ziziphus jujuba) che fronteggiava la casa della ‘nonna del Poggetto’ (così la chiamavamo noi cuginetti) era davvero di dimensioni notevoli. Ero piccola ma già ghiotta di giuggiole, ma non potendo raccoglierle, dovevo sperare che i più grandi si ricordassero di me.

Era un giuggiolo vigoroso e in salute, di cui mai nessuno si curava, fino a quando, a fine estate, le giuggiole mature attiravano le attenzioni di adulti e bambini. Per esperienza personale, posso dunque dire, che è una pianta che richiede poco o niente, si adatta bene anche ai terreni poveri e alle esposizioni ventose: il ‘Poggetto’ era esposto ai quattro venti.

E’ senza dubbio un frutto di altri tempi, oggi davvero poco utilizzato, ma che vale la pena di riscoprire per la facilità di coltivazione, per la bellezza della sua chioma e la bontà dei frutti.

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