Gli orti di Poggio ai Santi tra accoglienza e sostenibilità
Francesca Vierucci imprenditrice agricola e titolare dell’azienda ci racconta come è possibile trovare un equilibrio tra turismo e sostenibilità ambientale
Gli orti, i frutteti e i giardini di Poggio ai Santi, in termini quantitativi, sono poca cosa all’interno dell’intera tenuta: solo 3 ettari su 35. Di questi 10 sono occupati da oliveti e il restante da pascolo e terreno seminativo e boschivo. Ma gli orti rivestono un ruolo estremamente importante quanto a visibilità, biodiversità e produttività.
Tra gli orti da cui l’agriturismo attinge per il proprio fabbisogno ce n’è uno in vasche rialzate idi acciaio corten, che fa bella mostra di sé proprio sotto le terrazze del ristorante, di fianco alla piscina. Un orto pronto all’uso e a portata di chef.
A Poggio ai Santi pomodori, melanzane, e peperoni non sono relegati in zone nascoste del giardino, ma esibiti con ostentazione. E non c’è da annoiarsi a guardare queste vasche, dentro c’è di tutto un po’: decine e decine di varietà di ortaggi di ogni forma e colore, aromatiche (molte le varietà di basilico, timo, stevia, origano, dragoncello, maggiorana… ) e fiori commestibili (nasturzi, borragine, calendule, tagete…). Ma anche piante che provengono da altri paesi: curcuma, ginger, spinacio rampicante (Basella rubra) e l’okra con i suoi bellissimi fiori. Per non parlare delle zucche che ricoprono il pergolato e poi corrono a tappeto sotto i pini. E quello che può mancare nell’orto lo si trova in giardino e nei campi: salvie, rosmarini, Atriplex halimus (pianta dalle foglie sapide), finocchietto selvatico ed erbe spontanee in abbondanza. Insomma uno spettacolo!
“Sono vasche riempite con il materiale che arriva direttamente dai nostri fornitori ufficiali: cavalli capre, asini e polli allevati nella nostra fattoria – confessa ridendo Francesca Vierucci, imprenditrice agricola e titolare di Poggio ai Santi – I raccolti ottenuti con le vasche sono incredibili e neanche paragonabili a quelli ottenuti in piena terra, seppure questa ugualmente arricchita e irrigata. Basta dire che la zucca Aikido nelle vasche ha prodotto ininterrottamente, non credo di esagerare dicendo che avremo raccolto almeno 50 zucche”.
Gli orti locati in basso sono molto più estesi. Lì le vasche rialzate sono realizzate con pali di legno e inserite tra gli alberi di agrumi, di cui l’azienda possiede una piccola collezione composta da limoni, aranci, melangoli (aranci amari) e anche qualche finger lime.
Ci sono intere zone seminate a basilico rosso molto decorativo, che Francesca usa per decorare e profumare gli ambienti. Ancora più in basso al limitare del bosco c’è un altro grande orto recintato per proteggere gli ortaggi più delicati dagli appetiti degli animali selvatici.
E’ qui che vengono coltivati alcuni ortaggi tipici della zona: il peperone, la cipolla e il radicchio livornese e il fagiolino Sant’Anna lungo e squisito. Di tutti questi ortaggi Poggio ai Santi è coltivatore custode per la Regione Toscana. Ma non mancano i cavoli ricci, l’aglio elefante e oltre 30 varietà di pomodori.
La coltivazione avviene in aiuole lunghissime perimetrate con legname e lamiere di recupero, dove vengono praticate le rotazioni e effettuati i sovesci per fertilizzare il terreno e tentare di mantenere l’orto più sano possibile. Ma basta un po’ più di siccità che gli ortaggi vanno in stress e vengono attaccati dai parassiti.
“La sperimentazione è continua – spiega Francesca – e l’osservazione è indispensabile. E’ dal controllo che capiamo che qualcosa non ha funzionato e che occorre correggere il tiro. Un impianto d’irrigazione troppo lungo, una pacciamatura troppo leggera, un nuovo insetto che si insedia. Le problematiche non mancano mai ed è nostro compito informarci e approntare nuove tecniche per affrontarle”.
Sempre nel tentativo di avere ortaggi più adatti possibile al territorio a Poggio ai Santi si auto-producono anche i semi. “Dalla selezione dei semi alla conservazione del raccolto il lavoro di pianificazione è enorme. Talvolta sono perfino pedante con i miei collaboratori, ma è indispensabile darsi delle regole e programmare bene i lavori per impiegare al meglio le risorse di cui disponiamo. E se c’è una cosa che non sopporto è lo spreco inutile”.
A Poggio ai Santi viene dedicata molta attenzione al riciclo: “In cucina non esiste che si butti qualcosa di quanto raccolto. Dell’esubero si fanno conserve, confetture, sott’oli o fermentati. Molti scarti solo all’apparenza sono rifiuti, con un po’ di conoscenza e fantasia possono trasformarsi in opportunità e nuove idee”
E le idee a Poggio ai Santi non mancano mai. Francesca è inarrestabile: “Abbiamo tantissimi olivastri che se innestati potrebbero dare vita ad un parco dedicato alle molteplici tipologie di ulivi della zona. Potremmo farlo in collaborazione con il CNR di Follonica che ne possiede già oltre 100 varietà”. Il tempo di fare altri cento passi in giardino e Francesca riparte: “Potremmo ospitare delle arnie e avviare un progetto sulle api per contribuire alla loro salvaguardia e procurarsi del buon miele”. Perché investimenti sostenibili e produzione devono andare a braccetto.
E’ chiaro che quando si ha un’azienda come Poggio ai Santi sulle spalle non si può guardare solo agli ideali, ma occorre anche far quadrare i conti. Non è semplice trovare il giusto equilibrio tra il perseguire pratiche aziendali che preservano l’ambiente e il luogo in cui si vive e al tempo stesso trovare le risorse per assicurare un reddito a chi ci lavora. Francesca è romantica, ambientalista, generosa, inclusiva, ma fino a dove questo non rischia di diventare controproducente e fare crollare quello ha costruito.
Questo l’ho capito al termine di una giornata ricca di sapori, chiacchiere e consigli preziosi. Sono tornata a casa con le tasche piene di talee e in mano un peperone livornese da cui ricavare i semi che utilizzerò l’anno prossimo nel mio orto. E con la convinzione che la terra è un ottimo collante: crea ponti tra le persone e comunità d’intenti.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!