La vangatura è importante o superflua? Su questo argomento i pareri sono molti e contrastanti. Iniziamo con il dire che gli strati del suolo che interessano l’orticoltore sono due: lo strato attivo, quello superficiale e fertile da dove le piante attingono il nutrimento, e quello inerte, più profondo e più povero e perlopiù inutilizzato.

Da una parte ci sono coloro che sostengono la necessità di giungere allo strato inerte del terreno per offrire alle radici uno spazio maggiore da esplorare, con un conseguente sviluppo delle piante in profondità e una minore estensione. Le lavorazioni profonde aumenterebbero i processi relativi alla fertilità del suolo e garantirebbero un terreno più ricco di sostanza organica.

Sul versante opposto ci sono i seguaci dell’agricoltura sinergica, che imitano quello che fa la natura e lasciano sempre la terra coperta con della pacciamatura, aprendola solo nelle linee di semina. A loro avviso è la pacciamatura stessa a trasformarsi in humus e sarebbero le radici stesse delle piante a lavorare il suolo. In questo caso la terra meno lavorata sarebbe meno soggetta ad erosioni, dilavamenti e perdita di sostanza organica e si manterrebbe fertile senza bisogno di continue concimazioni.

Queste sono in linea di massima le due correnti di pensiero sull’argomento vangatura.

Ma forse il modo migliore per sapere come comportarsi, e capire se la vangatura è necessaria o può essere evitata, è quello di comprendere al meglio la natura del terreno, le condizioni atmosferiche e le verdure che si vogliono coltivare. La soluzione spesso non è mai una sola e se in un’annata siccitosa è meglio non zappare, in una umida forse si renderà necessario farlo. Magari talvolta per arieggiare il terreno, eliminare gli eccessi di acqua e facilitare lo sviluppo delle radici, invece della vangatura, può bastare una lavorazione meno invasiva fatta con delle forche o degli attrezzi leggeri.

Come spesso succede dobbiamo prima capire chi “ci troviamo di fronte” e poi intervenire. Generalmente possiamo affermare che in presenza di terreno argilloso la vangatura andrà effettuata in autunno, così da sfruttare al massimo l’azione del gelo sulle zolle. Mentre nei terreni ricchi, friabili e ben strutturati, sarà sufficiente una lavorazione superficiale a primavera, con attrezzi più leggeri che limitano la loro azione sugli strati superiori del terreno. Nel suolo ricco di sabbia, permeabile e ben sciolto, si renderà utile uno strato superficiale di protezione e sarà meglio evitare le lavorazioni profonde che potrebbero comportare un ulteriore dilavamento.

Per concludere sarà nostro obiettivo intervenire meno possibile in rapporto alla tipologia del terreno, favorendo l’effetto strutturante delle radici e degli agenti atmosferici e l’instancabile lavoro di tutti gli esseri viventi presenti nel terreno, che più di noi concorrono alla sua fertilità.

La natura ci è complice noi dobbiamo soltanto capirla, assecondarla e cercare di aiutarla se ce ne sarà bisogno.

foto di Michele Mondora da flickr

4 commenti
  1. marco
    marco dice:

    Ciao magari potrebbe essere utile anche questo http://www.comefareorto.com/la-preparazione-del-terreno-per-lorto/

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    • nara marrucci
      nara marrucci dice:

      Come dico sempre ogni consiglio è gradito e ben accetto! Grazie Marco! E creiamo tutti insieme una bella rete di orti veri e virtuali! 🙂

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