Semina è una parola “importante” soprattutto per chi è alle prime armi, incute sempre un certo rispetto e timore. Tuttavia é l’argomento principale dell’orto e l’approccio prima o poi è d’obbligo.  Anche iniziando con gli ortaggi più facili è utile capire per prima cosa come possiamo procurarci il seme. Abbiamo due possibilità: la prima è produrlo noi stessi utilizzando le piante che coltiviamo, l’altro è acquistarlo da dei rivenditori.

Come sempre è difficile essere sbrigativi quando si parla di “orto”, per cui per questa volta ci limiteremo a parlare delle sementi acquistate.

In commercio si trova di tutto e ciascuno è libero perfino di piantare i datteri in pianura Padana, ma se partiamo dal presupposto che il nostro orto deve regalarci piante sane, robuste e altamente produttive, allora è giusto orientarsi verso sementi di varietà dalle caratteristiche conosciute e consolidate nel luogo dove abitiamo e rivolgersi a ditte serie e affidabili, magari prediligendo sementi biologiche.

Per aiutarvi nella scelta proverò a spiegarvi come si qualificano le varietà quando si parla di sementi. Si parlerà di sementi “ibride”, “a libera impollinazione”  e “tradizionali”. Non è argomento facile da comprendere, ma é indispensabile capire con “chi abbiamo a che fare” se vogliamo partire bene.

Sementi ibride – I migliori risultati si hanno con i semi “ibridi” o “F1” (ibrido di prima generazione), che possiedono un insieme di caratteristiche utili per resistere alle malattie, per fare minor uso di crittogamici e per produrre in modo più regolare, uniforme e abbondante. Queste sementi sono individuate, selezionate e sperimentate, anche in laboratorio, con combinazioni ed incroci nel corso degli anni. Molti pensano che questi semi “ibridi” siano sterili, in verità non è così: semplicemente i semi ottenuti dai frutti di piante nate da “ibridi” non portano le stesse caratteristiche delle piante madri e non garantiscono la continuità dei risultati ottenuti con il primo raccolto, anzi spesso sono inferiori e meno soddisfacenti. Quindi non sono sterili, ma è meglio non cercare di ottenere semi da queste piante.

Sementi a impollinazione libera – Le sementi ad “impollinazione libera” invece generano piante molto simili a quelle da cui derivano. Sono piante selezionate attraverso l’impollinazione naturale in pieno campo. Prima degli “ibridi” tutte le piante erano riprodotte così e molti le preferiscono per il miglior sapore, per la maggiore variabilità in termini di forma, gusto e colore e perché possono essere utilizzate per avere ogni anno nuovi semi. In pratica sono meno affidabili in termini di risultato, ma offrono più diversità. E, cosa di non poco conto, costano meno.

Sementi tradizionali o antiche – Ogni cultivar derivante da libera impollinazione che abbia almeno 50 anni di storia alle spalle viene considerata “tradizionale o antica”. Queste varietà sono fortunatamente ritornate molto di moda per la qualità e la varietà degli ortaggi prodotti, in termini di sapori , forme e colori anche se non sempre hanno la stessa resistenza alle malattie o la stessa adattabilità degli “ibridi”.

A prescindere da quale ortaggio decidiate di seminare, ricordate che le confezioni delle sementi sono ricche di informazioni utili. Ecco cosa leggere attentamente.

Il nome e la descrizione, che indica se è un “ibrido” o una varietà ottenuta con sementi ad “impollinazione libera” e se il seme è stato trattato con un fungicida.

La descrizione della varietà, che mette in luce i pregi (resistenza, produttività, ecc.) e purtroppo mai i difetti. Quelli dobbiamo cercare di leggerli noi tra le righe, maturando un po’ di senso critico.

Le informazioni sulla coltivazione, sui tempi di semina , sulla germinazione e la raccolta e talvolta anche su come allestire l’impianto.

La data che indica il biennio in cui il seme è stato confezionato e i tempi di scadenza. Per avere una migliore germinabilità è meglio comprare semi più freschi, anche se un seme di due anni cresce bene ugualmente.

foto di vpickering da flickr

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