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Un biologo ed esperto contadino ci parla di tutte le qualità dei germogli e ci racconta una storia in cui si sono dimostrati preziosi alleati in un momento di emergenza alimentare

Quando siamo piccoli tutte le piante sembrano enormi. Ma il giuggiolo (Ziziphus jujuba) che fronteggiava la casa della ‘nonna del Poggetto’ (così la chiamavamo noi cuginetti) era davvero di dimensioni notevoli. Ero piccola ma già ghiotta di giuggiole, ma non potendo raccoglierle, dovevo sperare che i più grandi si ricordassero di me.

Era un giuggiolo vigoroso e in salute, di cui mai nessuno si curava, fino a quando, a fine estate, le giuggiole mature attiravano le attenzioni di adulti e bambini. Per esperienza personale, posso dunque dire, che è una pianta che richiede poco o niente, si adatta bene anche ai terreni poveri e alle esposizioni ventose: il ‘Poggetto’ era esposto ai quattro venti.

E’ senza dubbio un frutto di altri tempi, oggi davvero poco utilizzato, ma che vale la pena di riscoprire per la facilità di coltivazione, per la bellezza della sua chioma e la bontà dei frutti.

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NARCISO E RICORDI

Il narciso, fin dall’adolescenza, rimane uno dei miei primi ricordi floreali, insieme a gladioli e giaggioli.

Nelle campagne che circondano il mio paese, l’Impruneta, crescono abbondantemente i narcisi che, da marzo a maggio, colorano di giallo il verde dell’erba di prati incolti.

#photopissi. “Narcisi selvatici…a dondolo”

Nel periodo delle scuole medie era usanza, fra noi ragazzini e ragazzine, andare a raccogliere i primi fiori della stagione. Si raccoglievano principalmente i narcisi selvatici, che allora chiamavamo: tromboncini (i più comuni), trombette (più rare) e tazzette (rarissime, profumatissime). Queste erano le tre varietà spontanee presenti nei campi.

Il giuoco poi continuava sistemando il raccolto in mazzetti ordinati che, tenuti a bagno in un secchio di acqua fresca, vendevamo lungo i bordi della strada statale, l’imprunetana per Firenze.

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come coltivare il nespolo germanicaPovera nespola! Così modesta e così dimenticata! La nespola nonostante il suo aspetto poco appariscente e discreto, un tempo era conosciuta da tutti i contadini per le sue proprietà curative, ricca di vitamine e di polpa buona per fare marmellate e gelatine, torte e crostate. Con i noccioli si può fare anche il ‘nespolino’, un liquore digestivo e amabile, ma attenzione a non rompere i noccioli perché il loro midollo contiene sostanze tossiche.

Eccoci dunque nuovamente di fronte ad una pianta dimenticata: un pò come il fico d’India, l’azzeruolo,  il mirto o il corniolo. Quando parliamo di nespole occorre fare una distinzione tra le due varietà coltivate in Italia: il nespolo germanico (Mespilis germanica) e il nespolo del Giappone (Eriobotrya japonica) di cui abbiamo già ampiamente parlato. Il primo è stato introdotto in Italia da almeno 2000 anni, il secondo da appena due secoli. Anche per diritto di anzianità ci sembra doveroso adesso parlare del nespolo germanico.

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Il Crusco, ritratto. PhotoPissi.

PROLOGO…IO E IL CRUSCO.
Salve Ortisti!
Quando incontrai il peperone di Senise neanche lui sapeva che, anni
dopo, sarebbe passato ad essere, da ortaggio popolare a ortaggio
famoso.

Accadeva negli anni 80 quando, d’estate, andavo a trovare i miei
nonni materni, Palma ed Emanuele, a Genzano di Lucania, l’attuale
Basilicata.
Allora facevamo il viaggio per andare “LAGGIÙ”, cosi era nominato
quel paese lontano, in un Sud remoto.

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Come coltivare la liquiriziaNon è semplicissimo, ma può essere divertente coltivare cespugli di liquirizia! Il suo sapore è dolce, piacevole e amato da tutti. Della liquirizia (Glycyrrhiza Glabra) si usano soprattutto le radici dure e fibrose, ma una volta trasformate in bastoncini ed essiccati, possono essere utilizzati in svariati modi.

C’è chi ama succhiarli e masticarli così come sono, approfittando della loro azione pulente e antinfiammatoria o chi, come me, preferisce tritarli per dolcificare le tisane, i dolci e i liquori. Se proverete una volta ad aggiungere dei piccoli pezzetti di radice di liquirizia alle vostre tisane non smetterete più: perché  assumono un gusto irresistibilmente gradevole.

La glicirrizina contenuta nelle radici risulta essere 50 volte più dolce dello zucchero!

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Lo sapevate che gli orti sono stati per moltissimi anni oggetto di scambio e di beneficienza? E sarebbe molto bello che lo fossero tutt’oggi. Immaginate: uno dà in prestito un pezzo di terra che non utilizza in cambio di un po’ del raccolto. Oppure, se uno ha troppa terra, può darne una parte in beneficienza a chi ne avrà cura e ne farà un orto.

L’ORTO COME SCAMBIO

In passato i primi scambi avvennero nella Francia nel XVII secolo, quando il ministro delle Finanze di Luigi XIV, per convincere i marinai al servizio del re a restare sulle coste della Manica come marittimi o pescatori al porto di Dunkerque, assegnava loro alloggi e orti. Le famiglie che accettavano lo scambio ottenevano tutto il terreno necessario alla coltivazione di un orto all’interno del Forte Mardyck. Il godimento era ereditario, ma chi se ne andava perdeva ogni diritto. Concessioni di questo genere erano diffuse in Francia e spesso erano così radicate nella tradizione da sopravvivere fino al XX secolo, anche se non avevano carattere ereditario e non erano ratificate da documenti formali.

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E’ l’arancio amaro (Citrus aurantium) l’agrume più rustico e facile da coltivare. Ho tre piante in giardino che sono sopravvissute a tutto: alla mia disattenzione, alle estati torride e alle gelate tardive e intense. Dopo il gelo ho dovuto tagliere drasticamente tutti i rami secchi, ma poi la vegetazione è ripartita rigogliosa come se niente fosse stato.

Possiamo coltivarlo sia nell’orto, in un angolo ben esposto, o sul terrazzo, in un bel vaso capiente. E’ un alberello molto decorativo, con foglie lucide e sempreverdi, fiori profumatissimi e frutti arancio, che illuminano il giardino anche durante le stagioni più grigie.  Le arance, è vero, sono amare, ma possono essere utilizzate per preparare ottime marmellate, per fare scorze candite e per fare meravigliose decorazioni natalizie. I fiori, oltre che profumare tutto il giardino, hanno proprietà benefiche a non finire, e potremo impiegarli per preparare tisane che alleviano il mal di stomaco e conciliano il sonno.

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Monica Orto NonnoChiamarlo orto è riduttivo. ‘L’orto del nonno’ è una scuola, un centro di accoglienza, un luogo di incontro, un rifugio per piante e persone. Più che un pezzo di terra è un pensiero di vita. “Mi piace pensarlo come un punto di incontro e di scambio. Che sazia e rigenera” afferma Monica Palagi proprietaria e anima di questo progetto.

L’orto del nonno si trova nell’entroterra versiliese, a Pian di Mommio nel Comune di Massarosa. I numeri non sono grandi: 1 ettaro e mezzo di terra ereditati da uno zio, altrettanti presi in affido dal vicino confinante e 1 ettaro di oliveto. Ma talvolta basta poco per fare grandi cose, se la volontà guida. E infatti questa terra è bastata a Monica per realizzare il suo sogno di bambina: una fattoria dove si sta bene e che faccia del bene.

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Non tutti i libri che parlano di orti possono essere letti con piacere sotto l’ombrellone in riva al mare, perché per quanto si possa essere entusiasti di zucche e ravanelli, alla decima lezione di come si coltiva il tale ortaggio o come si raccoglie il tal altro, o ti tuffi in acqua a cercare un diversivo almeno momentaneo o nascondi il libro fra creme solari e costumi e speri di non ritrovarlo più fino alla fine delle vacanze.

Tuttavia c’è un libro, che nonostante l’unico argomento sia l’orto, è avvincente e appassionante. Si tratta di ‘L’orto e l’anima – Dal giardino dell’Eden agli orti urbani’ di Paola Violani, Antonio Vallardi Editore. Un libro dal sapore retrò, dove la grafia è leggera e romantica e dove non ci sono foto ma solo bellissimi disegni.

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