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Oggi voglio parlarvi di un orto particolare. Un orto che mi è capitato di visitare in questi giorni, dove i frutti non sono ortaggi ma parole, pensieri, idee. E’ l’Orto dell’Infinito a Recanati, il paese dove è nato Giacomo Leopardi. E l’Orto è proprio accanto alla casa del Poeta, su “quell’ermo colle” dove andava a ispirarsi, a riflettere sull’Infinito, su quel mare di colline così drammaticamente bello e affascinante dove per lui era “dolce il naufragare”. 

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ConciortoCarote che cantano, cavoli che emettono suoni, finocchi che fischiano, zucchine che solfeggiano. C’è da non crederci! Eppure l’altra sera al Teatro del Borgo, un piccolissimo teatro della periferia fiorentina, ho sentito i suoni dell’orto, ma non per scherzo: sul serio! Grazie alla tecnologia Ototo le verdure in scena suonano, cantano, si raccontano: basta sfiorarle e loro hanno qualcosa da dirci.

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Pascoli il poeta dell’orto o Pascoli il poeta ortolano. Definirlo così non è una forzatura, ma un dato di fatto. Non solo Pascoli ha dedicato un’intera poesia all’orto (‘L’oliveta e l’orto’), ma cita l’orto come rifugio dai dolori della vita (‘Nebbia’), paragona la vite a se stesso (‘La vite’) e usa le piante come tema ricorrente nelle sue rime, tanto da titolare un’intera sua raccolta ‘Myricae’ (nome latino di tamerice). E come se non bastasse paragona il poeta all’umile ortolano.

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